Prodotti digitali e partita IVA: come funziona la normativa

È possibile vendere prodotti digitali senza partita IVA? Una domanda che si pongono molti, ma a cui spesso sembra difficile dare una risposta.

I prodotti digitali sono beni e servizi che non hanno una veste fisica, ma puramente digitale. Questa loro caratteristica permette di distribuirli online con grande semplicità, con una logistica di vendita estremamente più snella rispetto a quella richiesta dai prodotti fisici.

Non deve sorprendere, allora, che gli ecommerce di prodotti digitali siano tra i business in maggiore ascesa del momento.

Prima di aprirne uno e di iniziare a guadagnare, è bene informarsi sulla normativa vigente e sugli adempimenti fiscali e burocratici da essa richiesti.

I diversi modelli di business per la vendita di prodotti digitali

La vendita di prodotti digitali può assumere varie forme. Diversi sono, infatti, i modelli di business che si adattano alla distribuzione online di digital products.

Occorre fare una prima differenza tra i prodotti propriamente detti e i servizi, che spesso vengono comunque fatti rientrare nella grande famiglia dei prodotti digitali.

Quanto ai primi, questi consistono in contenuti che vengono effettivamente forniti al cliente in forma di file da scaricare, o anche da essere riprodotto su una piattaforma online (come accade, ad esempio, con molti videocorsi).

I servizi, invece, vengono erogati soprattutto come consulenza, e quindi come attività di affiancamento e di formazione. Anche in questo caso possono essere usati diversi canali: in genere si opta per videochiamate o per tool che permettono anche di controllare i computer da remoto.

Se restringiamo il campo ai prodotti digitali veri e propri (eBook, template, foto e video, etc…), i modelli di business principali sono quattro:

  • Vendita Diretta: il cliente paga una certa cifra per entrare in possesso del contenuto, e può fruirne per sempre senza dover effettuare ulteriori pagamenti;
  • Abbonamento (o Subscription): il cliente paga una tariffa mensile per accedere a contenuti riservati. Questo modello, ad esempio, è usato dalle piattaforme di streaming.
  • Freemium: neologismo che nasce dall’incontro tra Free (gratuito) e Premium (esclusivo). Il prodotto base viene distribuito gratuitamente, ma è possibile pagare per ottenere una versione più avanzata, sbloccare funzioni e contenuti aggiuntivi. È il modello adottato da molte software house.
  • Free To Play: il contenuto è disponibile gratuitamente, ma presenta al suo interno dei sistemi di monetizzazione (pubblicità o acquisto di contenuti).

Prodotti digitali e normativa: come funziona con la partita IVA

La normativa vigente in Italia non si è espressa ancora in modo del tutto chiaro per quanto riguarda la vendita di prodotti digitali e le varie declinazioni che questo business può assumere.

Si parte da un’unica certezza: una volta che l’attività viene svolta in maniera sistematica (e, quindi, non occasionalmente), è necessaria l’apertura della partita IVA.

In questa fase va specificato anche il codice ATECO di riferimento, quello che cioè indica il tipo di attività che si va a svolgere. Nel nostro caso ci sono pochi dubbi: il codice 47.91.10 è quello che si adatta alla vendita al dettaglio di qualsiasi prodotto su internet, sia fisico che digitale, ed è quindi utilizzato per tutti i tipi di ecommerce.

A questo codice possono essere affiancati altri ATECO in base alla necessità ed ai servizi offerti, quali ad esempio le consulenze dirette.

Se fin qui la situazione è chiara, maggiori ombre si incontrano quando si arriva al punto di inquadrare o meno il proprio lavoro come attività commerciale.

Iniziando a vendere i propri prodotti online, anche se questi sono esclusivamente prodotti digitali, si avvia una vera e propria attività di vendita, che come tale richiede l’iscrizione alla camera di commercio e la presentazione della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA).

Un ultimo dubbio riguarda l’iscrizione alla Gestione Separata o alla Gestione Commercianti, ovvero le due casse a cui vanno versati, in base al tipo di lavoro svolto, i contributi pensionistici.

La Gestione Separata è indicata per le attività di tipo intellettuale, ed è per questo indicata per chi si occupa principalmente di consulenze. La vendita di prodotti digitali, però, sposta l’ago della bilancia verso la Gestione Commercianti, destinata a chi ha un’attività commerciale.

Cosa chiedere al commercialista

Quelle viste fino ad ora sono solo alcune linee guida in materia fiscale che si adattano alla vendita di prodotti digitali.

È bene sottolineare, però, che ogni situazione rappresenta un caso a sè stante, e che è sempre necessario essere affiancati da un commercialista, meglio ancora se specializzato nella gestione delle attività online.

I confini in questo settore sono molto labili. Se risulta piuttosto facile inquadrare la distribuzione di prodotti digitali come attività di vendita, e quindi adempiere a tutti doveri del caso, altrettanto non si può dire di business meno definiti.

Nel caso delle consulenze, ad esempio, il proprio sito può essere inquadrato come semplice sito vetrina e non come ecommerce. Non è allora necessario affrontare l’iter burocratico obbligatorio per le attività commerciali, ma è possibile continuare a svolgere la propria attività come semplice libero professionista iscritto nella Gestione Separata.

Solo un professionista può sciogliere tutti i dubbi a riguardo, e consigliare il percorso migliore da intraprendere, anche in vista di “espansioni future”.

Come già accennato, essendo questo un settore piuttosto giovane e, soprattutto, protagonista di continui e rapidi cambiamenti, è bene chiedere sin da subito al proprio commercialista se ha già esperienza in materia e se è disposto ad investire in formazione per tenere il passo delle evoluzioni.

Ci sono tantissimi commercialisti che, pur eccellendo nel proprio settore, non sono particolarmente a loro agio nel gestire attività di nuova ideazione come quelle legate al marketing online e alla vendita di prodotti digitali.

È bene quindi scegliere un commercialista competente e motivato, che sappia crescere professionalmente insieme ai propri assistiti.

Si possono vendere prodotti digitali senza partita IVA?

Per vendere prodotti digitali serve la partita IVA, è chiaro. Esistono però dei casi in cui questa non serve o, comunque, non è obbligatoria?

Inutile girarci intorno, questa è probabilmente la domanda posta più spesso quando si parla della vendita online di prodotti, sia digitali che fisici.

La risposta è ni. La normativa, come abbiamo già avuto modo di vedere, stabilisce che la partita IVA è obbligatoria per qualsiasi attività svolta in modo sistematico, e quindi regolarmente.

Questa definizione apre le porte a quella di attività occasionale, ovvero svolta in modo non sistematico. E, rullo di tamburi, per le attività occasionali non è richiesta l’apertura di una partita IVA.

Quindi si può vendere online senza partita IVA? Non proprio. Anche se non esiste una descrizione precisa di attività occasionale, è chiaro che questa definizione si adatti solo a pochissimi casi.

Un’attività di vendita occasionale è, ad esempio, quella che riguarda la vendita di prodotti usati (ma sempre in volumi compatibili con l’occasionalità).

Esempio pratico: se voglio vendere il mio vecchio notebook su uno dei tanti marketplace per l’usato disponibili, non ho certo bisogno di aprire partita IVA o di emettere fattura. Se però inizio a comprare e rivendere centinaia di notebook usati al mese, allora viene meno l’occasionalità dell’attività ed è necessario seguire l’iter burocratico tradizionale.

L’occasionalità può talvolta adattarsi anche alla vendita di prodotti nuovi o realizzati a meno: è il caso dei prodotti di piccolo artigianato, che possono essere venduti senza partita IVA purché il numero di vendite sia molto limitato e i guadagni restino contenuti, o comunque non tali da far prefigurare un business di vendita vero e proprio.

Si può aprire un ecommerce senza partita IVA?

La normativa lascia quindi uno spiraglio aperto per chi vuole vendere prodotti online senza partita IVA, seppur con molte limitazioni.

È bene chiarire, arrivati a questo punto, che già la sola apertura di un ecommerce va a violare il principio di occasionalità del lavoro richiesto per poter svolgere la propria attività senza partita IVA.

Aprire un ecommerce, anche se poi non viene conclusa nemmeno una vendita, equivale ad aprire un negozio fisico, e automaticamente l’attività viene inquadrata come commerciale e sistematica.

Chi quindi ha intenzione di aprire un ecommerce, che sia per la vendita di prodotti digitali o fisici non fa alcuna differenza, è obbligato sin da subito ad aprire partita IVA e ad adempiere a tutti i doveri fiscali e burocratici di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo.

E se le vendita avvengono su un marketplace, invece? Qui entriamo di nuovo in una delle zone grigie della normativa.

Aprire un account su un marketplace di vendita, quale può essere Amazon, non equivale ad aprire un’attività commerciale (come nel caso di un ecommerce) e quindi non richiede l’obbligo di partita IVA.

Anche stavolta, però, per poter vendere senza partita IVA è indispensabile poter dimostrare che l’attività viene svolta in maniera non sistematica, e che il volume delle vendite è molto contenuto.

È facile intuire, allora, che aprire una partita IVA, oltre che obbligatorio in alcuni casi, è quasi sempre consigliato. Se si vuole entrare con serietà nel mondo delle vendite online è assolutamente sconsigliato avviare il proprio business decidendo di sottostare a tutte le limitazioni imposte dal lavoro di tipo occasionale.

Come vendere prodotti digitali oggi

Oggi è possibile vendere prodotti digitali utilizzando diversi canali, sia per la sponsorizzazione che per la vendita vera e propria.

Abbiamo prima accennato ai marketplace, e come questi permettano di iniziare a vendere prodotti digitali senza partita IVA, seppur con molte limitazioni.

Quando si parla di marketplace ci si riferisce a siti come Amazon, Ebay ed Etsy (ma non sono certo gli unici) che permettono all’utente di creare un account venditore e di caricare i propri prodotti.

Sono una buona soluzione, soprattutto perché richiedono una spesa iniziale in termini di tempo e denaro praticamente pari a 0. Non sono, però, esenti da svantaggi.

I marketplace funzionano da intermediari tra il venditore e il cliente, e per questo loro compito trattengono una commissione su ogni vendita. Questa va a ridurre i margini di profitto del venditore, diminuendone il guadagno.

Inoltre, vendere sui marketplace significa dover affrontare una concorrenza molto agguerrita, che spesso causa corse al ribasso. Da non sottovalutare sono anche le limitazioni imposte dalle piattaforme stesse: ogni marketplace ha infatti una propria policy, e può decidere in ogni momento e insindacabilmente se rimuovere dei prodotti o dei venditori.

Se si intende avviare un business di vendita vero e proprio, in grado di crescere nel tempo e che può contare sulla massima libertà di scelta (sia dei prezzi che dei prodotti), risulta molto più conveniente aprire un proprio ecommerce.

È vero, questo richiede obbligatoriamente anche l’apertura di una partita IVA, ma in ogni caso questa è indispensabile per tutti i business online che producano un’entrata stabile e di buona entità (come, del resto, dovrebbe essere auspicabile).

Sul medio e sul lungo periodo scegliere di vendere utilizzando un ecommerce personale si rivela sempre la soluzione migliore, e quella potenzialmente più remunerativa.

Conclusioni

I prodotti digitali sono la vera rivoluzione delle vendite online. La loro semplicità di distribuzione è stata affiancata, negli ultimi anni, anche dalla possibilità di crearli autonomamente (e senza particolari competenze) grazie ai tool basati sull’Intelligenza Artificiale.

Chiunque può iniziare sin da subito a realizzare i propri prodotti digitali e a venderli online, sia sui principali marketplace che su canali privati, quali possono essere gli ecommerce.

Regolarizzare la propria posizione fiscale è indispensabile per evitare problemi futuri che potrebbero rallentare o bloccare del tutto la crescita del proprio business, incappando in sanzioni anche piuttosto elevate.

Aprire una partita IVA è il primo passo da compiere per chiunque intenda inserirsi nel mondo delle vendite online e mettere in piedi una solida attività.

Domande frequenti su prodotti digitali e partita IVA

Che tipo di partita IVA serve per vendere online?

Per vendere online è necessaria la partita IVA con codice ATECO 47.91.10, adatto alla vendita al dettaglio su internet di prodotti sia fisici che digitali, e quindi consigliato per tutti i tipi di ecommerce.

Come vendere prodotti digitali senza partita IVA?

È possibile vendere prodotti digitali senza partita IVA solo se la propria attività è occasionale e solo affidandosi a servizi di distribuzione di terze parti (marketplace). Nel caso in cui si apra un ecommerce proprio la partita IVA è sempre obbligatoria.

Quando bisogna dichiarare le vendite online?

Le vendite online vanno dichiarate quando non è più possibile farle rientrare nella casistica “una tantum” (come accade, ad esempio, con la vendita saltuaria di oggetti usati).

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